Elogio dell’ordinario

Elogio dell’ordinario

Il successo, agli occhi di Dio, è una vita ordinaria vissuta bene. Ci sono una forza silenziosa e una dignità nell’adempimento dei nostri doveri quotidiani che ci trasformano.

Vanesa Pizzuto – Quale immagine ti viene in mente quando senti la parola successo? Un dirigente d’azienda vestito di blu? Il miliardario di Internet, Mark Zuckerberg? Forse Madre Teresa o Nelson Mandela? Ma se sei come me, probabilmente non hai pensato a una persona che vive una vita ordinaria, quotidiana e priva di fascino.

Ho circa 30 anni. Anche se ho un lavoro dignitoso, ottimi amici e abbastanza soldi per pagare le bollette e fare ancora qualche vacanza all’estero, continuo a sentirmi in qualche modo una delusione. Per molto tempo, la sensazione di non essere all’altezza del mio potenziale mi ha incupito. Ma quando ho deciso di parlarne con alcuni amici, ho scoperto di non essere sola.

Nella nostra cultura individualistica e ossessionata dalla fama, “ordinario” è diventato sinonimo di “mediocre”: dobbiamo essere all’altezza del nostro profilo Facebook, essere al vertice o aver cambiato il mondo quando avremo 30 anni, altrimenti non avremo raggiunto i risultati. La media non è più normale, è un fallimento.

Ma l’intensa e incessante pressione per eccellere ed essere straordinari ha un prezzo molto alto: l’insoddisfazione. In effetti, siamo più depressi che mai. Sacrifichiamo il sonno e le relazioni solo per scoprire che non potremo mai soddisfare le nostre stesse aspettative. Non importa quanto veloce corriamo, il traguardo continua ad allontanarsi.

Voglio che la mia vita conti e abbia un significato. Ma ho il sospetto che la realizzazione venga dall’essere e non dal fare. Quindi, propongo di lavorare per riscoprire la forza e il senso di una vita ordinaria, vissuta con dignità.

Annoiato e brillante 
Abbiamo paura di vivere una vita normale perché sembra noiosa. La nostra società è terrorizzata dalla noia. Pensiamo a cosa accade quando c’è una pausa in una conversazione, non importa quanto fugace: si tira fuori il telefonino e gli schermi si accendono. In effetti, mediamente una persona trascorre quasi due ore al giorno sul proprio cellulare, controllandolo circa 60 volte. Inoltre, ci sono i due anni della nostra vita trascorsi su Facebook.[1]

La noia è diventata il nostro più grande nemico perché abbiamo accettato la menzogna secondo la quale la vita, per essere significativa, ha bisogno di stimoli continui, input digitali, flusso di informazioni e intrattenimento. Ironia della sorte, eliminando sistematicamente la noia, ci priviamo di creatività e significato. Uno studio recente ha dimostrato che una mente “annoiata” può, in effetti, essere creativa. La noia accende una rete nel nostro cervello chiamata “modalità predefinita”. I nostri cervelli sono molto attivi durante questi periodi di vagabondaggio mentale e creano nuove connessioni che stimolano la creatività.

Ma c’è di più. “La noia svolge una funzione importante” afferma il dottor Wijnand van Tilburg, psicologo dell’Università di Southampton “La noia rende le persone desiderose di impegnarsi in attività che trovano più significative di quelle a portata di mano”. Abbracciare la spiacevole sensazione di noia può aiutarci a rivalutare le nostre priorità e a trovare uno scopo più chiaro. Sì, la vita ordinaria ha momenti noiosi, ma questi possono essere la chiave per un’esistenza più creativa e significativa.

Lavare i piatti 
“Tutti vogliono una rivoluzione, ma nessuno vuole lavare i piatti” afferma Shane Claiborne, attivista cristiana per la pace, riassumendo brillantemente il modo in cui pensiamo al successo. Pensiamo che le persone straordinarie non dovrebbero fare gli umili, perché i compiti umili non fanno la “differenza”. In effetti, li consideriamo una perdita di tempo.

Piuttosto, scrive Michael Kelley, autore di Boring: Finding an Extraordinary God in a Ordinary Life: “Le persone tendono a credere che la strada del valore sia lastricata di grandezza, vistosità e importanza. Ma se ci sbagliassimo? E se la grandezza non fosse una misura accurata del significato? …E se una vita di grande importanza non si trovasse sfuggendo ai dettagli ma abbracciandoli?”.[2]

A pensarci, sarebbe assurdo per un atleta che si rifiuta di allenarsi tutti i giorni, aspettarsi di mantenersi in forma. Ogni esercizio e ogni goccia di sudore contano. Le piccole cose si sommano. Se sei mai stato a dieta, sai cosa possono fare due fette di pizza apparentemente innocue, soprattutto se le mangi tutti i giorni! Le piccole cose hanno un potere nascosto, spesso sottovalutato. Ma, in effetti, l’attenzione fedele alle piccole cose della vita ci permette di affrontare quelle più grandi (cfr. Lc 16,10). Quindi, non vivere la vita in una pausa permanente, aspettando di cambiare il mondo, evitando le piccole opportunità quotidiane per servire gli altri dove Dio ti ha posto.

Vuoi una rivoluzione? Inizia occupandoti dei piatti stasera.

Ordinario, non mediocre 
Possiamo accettare la nostra normalità e continuare a lottare per l’eccellenza? Certo. Ma la vera eccellenza è spesso il risultato dell’amore, non dell’ambizione. Nelle parole del teologo e autore Michael Horton, eccelli quando “…ti ritrovi a desiderare qualcosa o qualcuno la cui verità intrinseca, bellezza e bontà ti attirano. Ami abbastanza un oggetto particolare da sopportare qualsiasi battuta d’arresto e qualsiasi sfida si frapponga sulla tua strada”.

La mediocrità riguarda il disimpegno, il non interessarsi. L’eccellenza, d’altra parte, richiede cure sufficienti per investire tempo, fatica e abilità. L’eccellenza richiede un impegno al di là del vedere risultati immediati e, a volte, al di là del vedere risultati del tutto. Considera quegli scienziati il cui lavoro è stato rifiutato mentre erano in vita, come Copernico, o artisti non apprezzati durante la loro vita, come van Gogh. Era la loro passione che li induceva ad andare avanti, alimentando la loro eccellenza, non la ricerca dell’eccellenza stessa.

Poiché l’eccellenza riguarda la passione, non la popolarità, può permeare la nostra vita quotidiana. Anche i compiti più semplici possono essere eseguiti con eccellenza. Credo che potrebbe essere questo che aveva in mente l’apostolo Paolo quando scrisse: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (1 Corinzi 10:31). Non riesco a pensare a qualcosa di più ordinario del mangiare, eppure può essere un atto di adorazione o devozione.

Libertà di essere ordinari
Se approfondiamo, ciò che ci impedisce di essere ordinari è la paura di non essere abbastanza. Ci vergogniamo della nostra ordinarietà perché pensiamo che non ci renda amabili. La studiosa statunitense Brené Brown fa questa profonda osservazione: “Quando guardo al narcisismo attraverso la lente della vulnerabilità, vedo la paura basata sulla vergogna di essere ordinari. Vedo la paura di non sentirmi mai abbastanza straordinaria da essere notata, essere ritenuta amabile, appartenere o coltivare uno scopo”.[3]

Imparare a vederci ordinari e amabili è un passo fondamentale verso la maturità. Ci libera dal cercare l’approvazione esterna, il “permesso” di riposare o di amare noi stessi. E non c’è niente di debole o mediocre nell’essere ordinari! Trovare appagamento nella nostra ordinarietà, infatti, richiede coraggio e vulnerabilità; il coraggio di credere che una piccola vita sia ancora significativa e la vulnerabilità di amarci incondizionatamente.

La Bibbia ci insegna che Dio misura il successo dalla fedeltà: scegliere costantemente il suo sentiero nel prendere quelle centinaia di piccole decisioni quotidiane. È il suo compito quello di essere straordinario, non il nostro. “Dio elargisce i suoi straordinari doni attraverso ordinari mezzi di grazia, ci ama attraverso comuni portatori di immagini e ci manda nel mondo ad amare e servire gli altri in normali vocazioni”, scrive Horton.[4]

Il successo, agli occhi di Dio, è una vita ordinaria vissuta bene (cfr. Mt 25:23). Vi sono forza silenziosa e dignità nell’adempimento dei nostri doveri quotidiani che ci trasformano. La fedeltà e la costanza necessarie per mantenere un matrimonio per tutta la vita potrebbero non fare notizia, ma è questo tipo di successo collettivo e duraturo che tiene unita la società. In qualche modo, tra cambiare i pannolini, pagare le bollette e fare la spesa, cresciamo nel nostro carattere. Diventiamo meno egocentrici e più generosi. Impariamo a dipendere da Gesù per avere autostima e sviluppiamo la resistenza per passare inosservati.

Gesù, il Dono più straordinario del cielo, era assolutamente ordinario in molti modi. Era nato da una coppia povera, viveva in un villaggio tranquillo e lavorava come falegname. Anche se era Dio incarnato, Gesù non si sottraeva mai al lavoro ordinario o ai compiti umili. Durante l’ultima cena, ha lavato i piedi nodosi e sporchi dei pescatori (cfr. Giovanni 13:1-17). Questo è stato probabilmente il più grande esempio di come Dio può trasformare un piccolo atto di servizio in qualcosa di enorme valore e impatto.

“In alcuni casi, il modo in cui una persona svolge un compito rende quell’opera santificata e santa per sempre” scrive l’autore cristiano Oswald Chambers e aggiunge “Può essere un compito quotidiano molto comune, ma dopo averlo visto compiuto, diventa diverso. Quando il Signore fa qualcosa attraverso di noi, la trasforma sempre”.[5] Questa è la straordinaria ordinarietà del regno capovolto di Dio.

Poiché il nostro Dio straordinario ci ama incondizionatamente, possiamo accogliere la nostra quotidianità e, anche se non saremo mai famosi, rimanere fiduciosi che la nostra vita farà la differenza.

(Vanesa Pizzuto è una giornalista freelance e vive a Londra. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web di Signs of the Times Australia ed è stata ripubblicata con il permesso).

Note 
[1] M. Zomorodi (2017), How boredom can lead to your most brilliant ideas, TED Talks.
[2] M. Kelley, Boring: Finding an Extraordinary God in an Ordinary Life, Ed. B&H Books, 2013.
[3] B. Brown, Daring Greatly: How the Courage to Be Vulnerable Transforms the Way We Live, Love, Parent, and Lead, Ed. Avery, 2015.
[4] M. S. Horton, Ordinary: Sustainable Faith in a Radical, Restless World, Ed. Zondervan, 2014.
[5] O. Chambers, My Utmost for His Highest, Discovery House, 2017.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

Il Messaggero Avventista – Marzo 2022

Il Messaggero Avventista – Marzo 2022


Recensiamo alcuni pezzi del mensile a partire dall’editoriale: “La creazione geme… e aspetta la liberazione”. Sotto questo cappello troviamo varie giornate mondiali che celebrano eventi rilevanti.

Nella rubrica “Una parola per oggi”, prosegue il percorso attraverso il Salmo 119 con l’articolo: “Luce sul mio cammino … è la tua rivelazione”. La luce è importante per tutti, sempre e comunque, anche in senso metaforico.

E poi “Il mondo della Bibbia”, prosegue il percorso con il pezzo: “Flora e fauna – La vita modulata secondo le stagioni”. Interessanti le osservazioni…

Un altro contenuto è: “L’ignavia – Peccato comodo e diffuso in ogni tempo”. Se la parola “ignavia” ci fa pensare, per esempio, a Dante, la parola “indifferenza” che la attualizza ci fa pensare a diverse notizie di cronaca o a molti aspetti della società di oggi. Perché l’ignavia o indifferenza è un “peccato comodo” secondo l’autore?

La rivista contiene diversi altre parti su tematiche spirituali e non solo.

Intervista di Mario Calvagno e Carmen Zammataro al pastore Francesco Mosca, direttore de “Il Messaggero Avventista”, vicepresidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane in Italia.

Per approfondimenti personali e/o per ricevere una copia gratuita della rivista “Il Messaggero Avventista” di febbraio, telefonate al numero verde 800 098 650. Oppure mandate un messaggio o un vocale WhatsApp o Telegram al numero 348 222 7294.

Chernobyl. Il prezzo delle bugie

Chernobyl. Il prezzo delle bugie

Daniel Kuberek – Il 26 aprile 1986, il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose. Gli effetti furono catastrofici: il peggior disastro nucleare della storia. L'esplosione rilasciò radiazioni equivalenti a 500 bombe di Hiroshima e l'area intorno a Chernobyl, inclusa la città di Pripyat, è ora disabitata. Non sarà sicuro viverci per i prossimi 20.000 anni.

Il mio interesse personale per Chernobyl è nato intorno al 2010. Al liceo studiavo i luoghi abbandonati, le città fantasma, e Chernobyl era un ottimo esempio. Poiché i miei genitori all'epoca vivevano nel sud della Polonia, nutrivano legittime preoccupazioni per le radiazioni propagate in tutta Europa a seguito del disastro. Poi, mia madre mi raccontò che non era stato permesso di andare a raccogliere funghi nella foresta per i successivi dieci anni, e della sua preoccupazione prima della nascita di mio fratello maggiore. Era rimasta incinta non molto tempo dopo l'incidente e c'erano già segnalazioni di bambini, nell'Europa dell’est, nati con gravi malformazioni.

L'impatto di Chernobyl è stato devastante. Il bilancio ufficiale delle vittime fu di 31 morti, che includva vigili del fuoco e personale dell'impianto. Tuttavia, considerati gli effetti a lungo termine delle radiazioni, compreso l'aumento dei tumori della tiroide in tutta Europa, si stima che oltre mezzo milione di persone siano morte a causa di Chernobyl. Non sapremo mai il numero ufficiale, perché l'Unione Sovietica ha mentito.

Quando è stata annunciata la serie televisiva Chernobyl della rete Hbo, le mie orecchie si sono drizzate. I cinque episodi mostrano, in dettagli minuziosi e raccapriccianti, gli eventi orribili accaduti al propulsore sovietico. La serie è diventata la più votata di tutti i tempi. Ma il suo obiettivo non è raccontare il disastro; è descrivere il prezzo delle bugie.

Perché Chernobyl è esplosa? È la domanda che uno dei massimi scienziati nucleari russi, Valery Legasov, aveva in mente quando fu inviato a Chernobyl subito dopo il disastro. Incaricato di fermare l'incendio del reattore, gli fu detto che il livello di radiazioni nell’esposizione era stato di 3,6 rontgen, l’equivalente di circa 400 radiografie toraciche. Successivamente venne appurato che i responsabili aveva dato questa cifra perché i dosimetri avevano raggiunto quel numero che era il massimo per quegli strumenti, e quindi era quanto l'Unione Sovietica aveva accettato. In realtà, le radiazioni raggiunsero i 15.000 rontgen.

Come Legasov iniziò a scoprire, l'Urss credeva ignorandolo, il problema sarebbe semplicemente svanito. La popolazione della vicina città di Pripyat non aveva idea di cosa fosse successo e fu esposta a livelli estremamente elevati di radiazioni. Invece di essere evacuati immediatamente, passò più di un giorno prima che gli abitanti ricevessero l'ordine di lasciare tutti i loro effetti personali e abbandonare la città per sempre.

E poi c'erano tutte le bugie che i sovietici dicevano a se stessi sul reattore stesso. La centrale produceva elettricità attraverso la fissione nucleare. La mattina del 26 aprile, i responsabili dell’impianto decisero di eseguire un test di sicurezza, mantenendo la potenza a un livello costante di 700 megawatt. Quando la potenza diminuì, gli ingegneri ricevettero l’ordine di aumentarla estraendo le barre di controllo del boro dal nocciolo del reattore. Ne risultò un enorme picco di potenza che costrinse il personale ad attivare un pulsante di sicurezza per reinserire tutte le barre di controllo e neutralizzare la reazione. Ma non sapevano che le barre di boro avevano punte di grafite che avrebbero effettivamente aumentato la reattività. Il reinserimento delle barre provocò la detonazione. E c'erano ancora altri reattori con lo stesso difetto in giro per l’Unione Sovietica. Legasov, che aveva implorato i funzionari sovietici di cambiare la situazione, si suicidò due anni e un giorno dopo l'incidente. Fu solo dopo la sua morte che l'Urss riconobbe il difetto fatale e si adoperò per risolverlo.

Mentire a qualcun altro è molto brutto, ma cosa dire dell’ingannare se stessi? La continua negazione della verità da parte dei sovietici ebbe un impatto devastante non solo per loro, ma anche per il mondo intero. Il diniego implica credere a false verità convenienti, che mascherano la realtà. È successo a Chernobyl, ma quanto spesso lo facciamo noi? Negare non è essere completamente inconsapevoli, vuol dire rimanere deliberatamente ignoranti.

È facile negare la realtà su stili di vita malsani, atteggiamenti negativi, orgoglio e persino sui difetti delle relazioni. Sappiamo che esistono, ma a volte entriamo nella routine del non far nulla al riguardo. Affrontare la realtà richiede una grande quantità di umiltà.

Nella Bibbia troviamo un esempio classico di come l'orgoglio può sfociare nella negazione. Durante l'ultima cena, Gesù disse a Pietro: “questa stessa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte” (Matteo 26:34). Pietro sapeva che non c'era modo che Gesù mentisse, ma rispose: "Quand'anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò” (v. 35). La prima volta che lo rinnegò fu dopo l'arresto di Gesù, quando fu accusato di essere con Gesù. Pietro disse: “Donna, non lo conosco” (Luca 22:57). La seconda volta accadde in risposta a una serva, e la terza per rispondere alle accuse delle persone intorno a lui. Quale fu la reazione di Pietro quando si rese conto di ciò che aveva fatto? “E, andato fuori, pianse amaramente” (Luca 22:62).

Questo deve essere il peggior tipo di negazione. Ci rifiutiamo di affrontare qualcosa dentro di noi e il nostro rifiuto ferisce qualcun altro. Soprattutto quando qualcuno ci costringe ad affrontare alcune verità che troviamo difficili da gestire. Quindi cerchiamo delle cose di loro per screditare ciò che hanno detto di noi. “Come possono vedere la mia pagliuzza quando hanno una trave nei loro occhi?” pensiamo. Questo tipo di argomento si chiama fallacia ad hominem, attaccare una persona per evitare la forza delle sue argomentazioni.

Mentire a noi stessi significa rinnegare la nostra coscienza, l’unica cosa che ci tiene sulla buona strada. Può essere molto facile da fare e, nel praticarla, miglioriamo. Ma Chernobyl è un esempio del motivo per cui dovremmo affrontare i fatti perché, più pericoloso delle bugie che diciamo a noi stessi, è quando quelle menzogne iniziano a definirci.

L'episodio finale della serie Chernobyl, della Hbo, mostra Valery Legasov che, in un tribunale, spiega ai funzionari sovietici cosa era andato storto:

“Ho già calpestato un terreno pericoloso; siamo su un terreno pericoloso in questo momento a causa dei nostri segreti e delle nostre bugie. Esse sono praticamente ciò che ci definiscono. Quando la verità offende, mentiamo e mentiamo finché non riusciamo più a ricordare che ci sia ancora. Ma è ancora lì. Ogni bugia che diciamo contrae un debito con la verità. Prima o poi quel debito viene pagato. È così che esplode un reattore Rbmk. Bugie".

Daniel Kuberk scrive per la rivista Segni dei Tempi australiana.

[Immagini: pixabay]

 

 

 

 

Editoriale Diritti e Libertà Religiosa – Salvini, religione e politica

Editoriale Diritti e Libertà Religiosa – Salvini, religione e politica


Matteo Salvini, durante il suo discorso al Senato in risposta a quanto detto dal premier dimissionario Giuseppe Conte, ha fatto chiari riferimenti alla religione cattolica, utilizzandoli come appoggio politico, oltre a baciare il rosario mentre Conte parlava.

Ci sono state reazioni contrarie a questi atteggiamenti di Salvini da parte di alcuni esponenti di rilievo del mondo cattolico, come il priore di Bose o come il direttore di “Civiltà Cattolica”.

Approfondisce questo tema il pastore Davide Romano, direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste e curatore di questo editoriale periodico.

Immagine: https://tg24.sky.it/

Editoriale Diritti e Libertà Religiosa – Roma in abbandono. Superare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche

Editoriale Diritti e Libertà Religiosa – Roma in abbandono. Superare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche


Il primo tema che viene trattato concerne le parole del Papa, pronunciate durante la messa del Corpus Domini, riguardanti la città di Roma, definita dal Pontefice “in degrado e abbandono”.
A seguire, il commento sulla proposta di legge, recentemente depositata in Parlamento a firma di diversi senatori, per il superamento dell’ora di religione cattolica nella scuola pubblica. Questo per mantenere la laicità dell’istituzione scolastica, ma anche per garantire la pluralità della conoscenza di alunni e studenti nel campo religioso.

Ne parla il pastore Davide Romano, direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste.

Foto credits: iltempo.it

Editoriale Diritti e Libertà Religiosa – Libertà religiosa e “totalitarismo morbido” nelle nostre democrazie liberali

Editoriale Diritti e Libertà Religiosa – Libertà religiosa e “totalitarismo morbido” nelle nostre democrazie liberali


La pubblicazione recente del documento della Commissione teologica internazionale dal titolo “La libertà religiosa per il bene di tutti: approccio teologico alle sfide contemporanee” ha aperto un nuovo fronte di dibattito su queste tematiche.
Naturalmente quando si parla di libertà religiosa la mente corre a notizie come quelle riguardanti il recente attacco terroristico in Sri Lanka nei confronti di alcune chiese cristiane, o ancora gli attacchi nei confronti di chiese cristiane protestanti in Burkina Faso.
Il documento della Commissione tocca invece un altro tipo di “attacco”, più raffinato, alla libertà religiosa, che avverrebbe nel cuore delle nostre democrazie e che sarebbe causato dallo stesso Stato liberale che promuoverebbe una sorta di “totalitarismo morbido”.

Di questo parla il pastore Davide Romano, direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste.

L’Aquila. Rialzarsi in volo dalle macerie. Editoriale di Rvs

L’Aquila. Rialzarsi in volo dalle macerie. Editoriale di Rvs

Hope Media Italia – Sabato 6 aprile saranno dieci anni dal sisma che colpì L’Aquila, i territori circostanti e i suoi abitanti, lasciando una scia di dolore e di devastazione che ha ferito l’Abruzzo e l’Italia tutta. 65.000 sfollati, 1.600 feriti e 309 vittime sono i numeri del terremoto. Dietro le cifre, un tessuto sociale, le persone che sono state annientate dal sisma prima e poi dalle tante polemiche e scandali seguiti nei mesi e negli anni successivi. L’Aquila però non si è arresa, è tenace come il carattere dei suoi abitanti che nonostante tutto sperano e parlano di futuro.

Nella Bibbia, la speranza è parola di salvezza e di vita. In Romani 4:18, l’apostolo Paolo, parlando di Abramo, dice: “Egli, sperando contro speranza, credette, per diventar padre di molte nazioni”.

Ascoltiamo allora la riflessione a cura di Veronica Addazio, direttrice nazionale di Radio Voce della Speranza.


 

[Foto: prefettura aquilana dopo il sisma. Credit: CC BY-SA 3.0]

L’Aquila. Rialzarsi in volo dalle macerie. Editoriale di Rvs

Editoriale – L’Aquila. Rialzarsi in volo dalle macerie


Sabato 6 aprile sono dieci anni dal sisma che colpì L’Aquila, i territori circostanti e i suoi abitanti lasciando una scia di dolore e di devastazione che ha ferito l’Abruzzo e l’Italia tutta. Oltre 65.000 sfollati, 1.600 feriti e 309 vittime sono i numeri del terremoto. Dietro le cifre, un tessuto sociale, le persone, che sono state annientate, dal terremoto prima e poi dalle tante polemiche e scandali seguiti nei mesi e negli anni. L’Aquila però non si è arresa. È tenace come il carattere dei suoi abitanti che nonostante tutto sperano e parlano di futuro.

Nella Bibbia, la speranza è parola di salvezza e di vita: in Romani 4, 18 l’apostolo Paolo, parlando di Abramo, dice: “Egli, sperando contro speranza, credette, per diventar padre di molte nazioni”. Ascoltiamo allora la riflessione a cura di Veronica Addazio, direttrice nazionale di Radio Voce della Speranza.

Foto: La Prefettura dell’Aquila dopo il sisma, credit: CC BY-SA 3.0

Editoriale – Le baby gang, il branco e la noia

Editoriale – Le baby gang, il branco e la noia


Ormai da qualche tempo si è affacciato alla ribalta della cronaca dei giornali e dei TG un nuovo fenomeno, quello delle “baby gang”. Ci viene restituita una fotografia fosca sulla deriva che stanno vivendo le giovani generazioni e i rischi in cui incorrono i loro coetanei. Che fare per arginare la sopraffazione degli uni sugli altri? Varie le proposte…

C’è anche da dire che, in contesti di totale vuoto sociale e formativo, sembrano acqua nel deserto le parole che troviamo nella Bibbia, come per esempio in Luca 2:52, “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.

Editoriale di Veronica Addazio, direttore nazionale di Radio Voce della Speranza.

Editoriale – Buoni propositi, davvero

Editoriale – Buoni propositi, davvero


Gennaio, un po’ come il mese di settembre, corrisponde a un nuovo inizio e un nuovo inizio comporta inevitabilmente un carico di buoni propositi, aspettative, sogni. Dai più semplici ai più disparati. Aspettative che il più delle volte si infrangono con la realtà, con gli impegni già presi, la routine della quotidianità e non si realizzano. La risposta può essere una: focalizziamoci su ciò che conta davvero. La riflessione a cura di Veronica Addazio, direttore nazionale di Radio Voce della Speranza.

Editoriale – Un Natale diverso

Editoriale – Un Natale diverso


Nei giorni che precedono il 25 dicembre tutto luccica. Siamo investiti dai colori, dalle luci, dai rumori della festa. La riflessione del pastore Daniele Benini, direttore nazionale di Radio Voce della Speranza ci riporta alla semplicità e sobrietà delle parole dell’evangelista Luca che al capitolo 2, versetto 7 racconta: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”.

Dopo duemila anni, queste brevi parole hanno la forza di condensare un messaggio straordinario: l’affresco della natività ci consegna l’immagine di un Dio che in punta di piedi, in silenzio, è entrato nella storia e si è fatto uomo per camminare insieme a noi. Non conosciamo la data esatta della nascita di Gesù ma quello che conta è altro, è la sua presenza nel mondo, nella vita di ciascuno di noi tutti i giorni, non solo il 25 dicembre.

Pietra d’inciampo. Editoriale Rvs

Pietra d’inciampo. Editoriale Rvs

Uno squarcio nella pavimentazione, come una ferita che si apre nel bel mezzo della strada. Qualche giorno fa, nella notte a Roma, sono state strappate dal selciato e rubate venti pietre d’inciampo installate in via Madonna dei Monti.

Le pietre erano state realizzate dall’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare i cittadini deportati nei campi di concentramento.

È un fatto di una gravità che lascia senza fiato e ci consegna preoccupazioni serie sul futuro.

Lasciamo spazio dunque non al nostro dire, al nostro personale commento, quanto alle parole di speranza e coraggio che ritroviamo nelle Scritture dove la pietra per eccellenza è Gesù Cristo.

La riflessione è a cura di Veronica Addazio, vicedirettore nazionale di Radio Voce della Speranza.


 

[Immagine: Il Fatto Quotidiano online]

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