Il problema del pensiero desiderativo cronico
27 Giugno 2023

In molti considerano il cristianesimo una religione antiquata, una tappa ormai sorpassata della vera evoluzione interiore e spirituale. È davvero così? Un tema antico che si ripresenta con vesti nuove, conquistando l’attenzione di tanti.

Corina Matei – “Sì, capisco cosa stai dicendo riguardo al cristianesimo. Ci sono passato molto tempo fa, ma ora che sono andato avanti, ho un rapporto diverso con l’universo e le cose vanno molto meglio per me a tutti i livelli”. 
Mi ha risposto così un anziano ingegnere in un’occasione di festa, mentre mi parlava di un “libro filosofico unico” che aveva scritto. Ha richiesto la mia assistenza senza alcuna condizione per farlo pubblicare. Cosa mi ha qualificato per tale nobile compito? Il fatto che mi ero laureata alla Facoltà di filosofia e all’epoca insegnavo in un istituto a essa collegato. Nonostante il contesto festoso, incuriosita dalla sua osservazione, ho cercato di capire meglio chi ci fosse dietro, avendo già in mente un criterio biblico per discernere il carattere delle persone: “Li riconoscerete dai loro frutti” (Matteo 7:16). Purtroppo, i frutti di questo particolare signore avevano da tempo influenzato coloro che gli erano attorno. Era quello che si potrebbe definire "un seguace dell’ultimo libro letto", in continua evoluzione come le sue letture.

Un’analoga valutazione negativa della fede e della religione cristiana ha incrociato i miei passi qualche anno dopo, per mezzo di una persona che stimavo come intellettuale e artista. Notai lo stesso atteggiamento rivolto ai "neofiti" nello svelare le profondità enigmatiche di questo universo: non si erano ancora guadagnati il privilegio di essere assecondati dalle stelle ed erano diligentemente alla ricerca dell’umiltà.

Un’altra persona di cultura, la cui visione del mondo e la prospettiva sulla vita era passata dal cristianesimo a un "mosaico" di saggezza orientale, diede questa spiegazione per motivare i conflitti con il figlio più grande: "Certo che non andiamo d’accordo, perché lui è soltanto alla sua 53esima reincarnazione, uno spirito grezzo e fragile, mentre per quanto riguarda me, penso di essere alla mia 470esima”. Naturalmente, quando le spiegazioni sono sostituite da motivazioni esistenziali, questioni come la colpa, gli errori, il peccato e la redenzione possono essere opportunamente scartate insieme alla loro cornice cristiana.

Una persona è riuscita a turbarmi di più quando, in risposta alla mia entusiastica testimonianza su ciò che avevo imparato dalla Bibbia riguardo alla preghiera, ha risposto: “Non è proprio così. Ho imparato qualcos’altro in questo corso di terapia sacra… ma non posso dirtelo. Non ti amareggiare, ho pagato una bella somma per scoprirlo!”.

Auto-referenzialità ingenua? Orgoglio? Evasione avanzata? Egoismo miope? Un po’ di tutto questo può essere trovato in queste personalità, ma tutti tradiscono la giustificazione personale di una fragile creatura nei confronti del proprio Creatore. Non lo eludono del tutto, ma lo ridimensionano per includerlo in un dio più grande: l’Universo. Forse, da qualche parte là fuori, nella vastità dell’infinito, si può trovare anche la santissima Trinità cristiana. Eppure, all’interno dell’immensità dell’universo, composto da galassie ed eoni, tutte le possibili concezioni trovano il loro posto, in un sodalizio democratico di armonie celesti o nell’apatia del tempo e dello spazio infiniti.

Auto-giustificazione come auto-convalida 
Per quale motivo giustificarsi da sé appare come qualcosa di negativo da una prospettiva cristiana? Perché non potremmo adottare la stessa "tolleranza" ideologica nei confronti di qualsiasi credenza che dipinga il cristianesimo come una forma antiquata e atavica di cultura, o una "malattia infantile" dell’umanità che alla fine evolverà in un futuro ontologico maturo?

La posta in gioco del cristianesimo non può essere scambiata con nessun’altra. Riguarda la salvezza eterna dalla morte di coloro che riconoscono in Gesù Cristo il Figlio di Dio, l’unico Salvatore. Sostituire tale punto fermo con un altro distorce completamente il cristianesimo. Si può essere cristiani solo per questo, espresso in quello che è stato definito il “versetto d’oro”: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16). Non per altre motivazioni: non per il conforto dell’anima ad ogni costo in questo mondo; non per una vita facile, piacevole, accogliente; non per la giustificazione di eventuali errori e peccati; non per un rapporto piacevole con una chiesa e i suoi membri; non per il riconoscimento sociale o per ricompense in seguito a buone azioni.

D’altro canto, qualsiasi altro importante principio che ci viene proposto come una religione, oltre a quella cristiana, è chiaramente precario. In che modo potrebbe essere più attraente la fusione di uno spirito con un’entità impersonale, l’assoluto? Chi ne gioirebbe? Come potrebbe nascere l’amore eterno da un cosmo privo di coscienza e sentimenti, che dà origine solo a una fugace vita biologica? Chi avrebbe potuto collocare nell’umano limitato, con tutti gli elementi finiti della sua esistenza, il “pensiero dell’eternità”? Se l’universo implica ordine, come potrebbero gli esseri umani essere completamente soggetti alle loro stesse scelte, indefinitamente, e contribuire comunque all’ordine universale? Se non c’è alcun senso nell’esistenza stabilita dal Creatore, allora come si riconcilia la Sua stessa esistenza con questa mancanza di significato? Ha creato anche l’assurdo? Come accettare contemporaneamente l’assurdo, il caso e l’aspirazione a fondersi con l’assoluto?

Lo scostamento da una fede cristiana iniziale verso tali macro-visioni, “integrative” per la loro indeterminatezza,[1] sembra essere moralmente più conveniente: se siamo stati creati da una forza impersonale o animati casualmente da una forma di energia, allora non abbiamo alcun obbligo morale nei confronti di un tale creatore. È come se un uovo non potesse mettersi alla ricerca dell’uccello che lo ha deposto, per esprimergli gratitudine o per conoscerlo. Tuttavia, se questo Creatore è il Padre celeste e ci ha creato per richiamarci con il suo amore a una vita eterna in un mondo senza macchia e senza morte, allora sorge un rapporto morale implicito con Lui. Se ogni orfano, a un certo punto, prova disagio e desidera ardentemente conoscere i propri genitori, allora anche gli esseri umani saranno ansiosi di conoscere il loro Padre in cielo.

Pertanto, l’auto-giustificazione dell’abbandono del cristianesimo sembra essere radicata nella ricerca di conforto psicologico in quello che dicono alcuni. Ma per quanto intelligenti, importanti o rinomati possano essere, ciò che dicono è contrario alla Parola rivelata, una Parola che si aspetta qualcosa da noi. Al di là della Parola, sei libero di considerarti un essere speciale in un universo che diventa solo uno sfondo. Attraverso tutto quello che sei e lo spettacolo dell’evoluzione basato sulle tue scelte, costruisci un’impalcatura ontologica fino al nirvana e ritorno… e ti senti speciale. Ti meriti tutto ciò che desideri, l’intero universo. La realtà esiste solo come stampo della tua volontà. Così, il cerchio del pensiero desiderativo è completo!

Quest’attitudine a giustificarsi da sé ha una lunga storia, anche se indossa le vesti nuove dell’emancipazione da un cristianesimo che ci suggerisce da tempo di credere alla Parola, cioè a Gesù, detto anche Cristo, che può togliere il nostro peccato, un peccato che si paga solo con la morte. Al centro di questa tendenza c’è quella che io chiamo "impronta luciferina", ed è la radice del male nel mondo. L’origine del male è, sì, un mistero, ma possiamo comprendere questo: l’amore, quando cessa di fluire verso gli altri, specialmente in direzione del Creatore, e si rivolge verso l’interno, si deforma nell’egoismo, nell’auto-celebrazione e nell’auto-giustificazione. Da qui nascono tutti gli altri vizi e mancanze. Potremmo tracciare un percorso psicologico di ognuno dei nostri vizi e peccati, e arrivare alla stessa torbida fonte: l’auto-giustificazione luciferina, una ribellione contro Dio che ha poi avuto un impatto sull’umanità decaduta.

Altre modalità centrifughe nei confronti del cristianesimo 
Un altro aspetto negativo che possiamo osservare nel rifiuto della fede cristiana è un senso di noia, un logoramento dei “destinatari” della grazia e dei miracoli. C’è confusione tra l’evoluzione della propria vita e l’evoluzione della civiltà, e quella di tutta l’umanità. Se ti è successo qualcosa molto tempo fa, ti rimane una vaga impressione di allora, anche se le cose, le persone, le conoscenze, le opinioni e le informazioni sono cambiate, si sono arricchite e sono diventate molto più complesse di ciò che credevi o conoscevi in passato. È un modo per dire: “Sì, ho sentito parlare a sufficienza delle grandi verità, del disegno divino della salvezza, della Via, ma ci sono altre novità che mi entusiasmano, che mi attraggono. Forse le generazioni future saranno direttamente interessate alla ‘perla di gran valore’, ma abbiamo così tante perline colorate da esplorare…”.

Quello che mi rattrista di più è la sorte di quegli anziani che avevano una fede fredda e dottrinale nel Figlio di Dio, nel suo sacrificio, ma non ne sono stati grati e non l’hanno apprezzata. Questo li ha privati di una relazione autentica e completa con lui. Semplicemente non lo hanno scoperto nella loro stessa vita.

Altri hanno contemplato silenziosamente, da una prospettiva statistica: “Forse il cristianesimo rimane una delle strade da seguire nella vita, per alcuni, uno dei doni dell’universo. Ma ce ne sono tanti altri che non richiedono di cambiare nulla di ciò che sei, forse solo di quello che possiedi…”. Non riescono a rendersi conto che sono proprio quei doni ingannevoli che li cambieranno in modi che non hanno mai desiderato, gradualmente e senza essere osservati, proprio come ne Il ritratto di Dorian Gray. Nel frattempo, il dono del Salvatore ti chiede solo di "pagare" con il tuo cuore di pietra, ricevendo, in cambio, un "cuore di carne", un cuore nuovo e amorevole (cfr. Ezechiele 36:26).

La percezione negativa della fede cristiana come qualcosa di involutivo è formulata, talvolta, in risposta alla distorsione ideologica causata non dal messaggio di Cristo, ma dalle forme ritualistiche, dal fariseismo istituzionale e dottrinale, e dai propri insuccessi nei confronti della sfera carnale. Tuttavia, questi non dovrebbero intaccare l’essenza della fede cristiana e non si dovrebbe confondere Cristo con i cristiani.

Un altro atteggiamento negativo nei confronti del cristianesimo può essere individuato in coloro che hanno “visto tutto”, coloro che “non sono nati ieri” e chiedono con forza, da oltre due millenni: “Siamo ciechi anche noi?”. È così che immaginiamo tutti coloro che hanno abbandonato il Salvatore il giorno in cui parlò loro del suo corpo e del suo sangue come unica espiazione per il peccato umano (cfr. Giovanni 6:54), dicendo ai loro nipoti, anni dopo: “Sì, lo abbiamo seguito per un po’, ha detto cose belle, sensate, ha fatto miracoli, ci ha nutrito tutti con due pani e qualche pesce, ma è stato tanto tempo fa… Abbiamo superato quella fase; era veramente troppo. Chi potrebbe sopportare la sua presenza e fare davvero ciò che ci ha detto?!… L’universo è vasto, lui potrebbe essere là da qualche parte, ma abbiamo così tante stelle tra le quali scegliere, da adorare secondo le nostre capacità, per raggiungere e assomigliare… alle massime altezze”.

L’unica fine sarà quella delle tenebre di questa terra, come ci avvisa la Parola. Sino ad allora, coloro che non comprendono le parole del Salvatore corrono il rischio di cadere: “Chi non è con me è contro di me” (Matteo 12:30). Estrometterlo dalla nostra vita non ci rende liberi, ma piuttosto prigionieri inconsapevoli del male “sulle alture più elevate” (Isaia 14:13).

Nota 
[1] La vaghezza si riferisce alla presenza di indeterminatezza nel significato di queste macro-visioni, nel senso che le loro implicazioni sono considerate imprecise in alcuni aspetti rilevanti.

(Corina Matei, laureata in filosofia presso l’Università di Bucarest, è docente all’Università "Titu Maiorescu", giornalista cristiana e autrice di libri).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

 

 

 

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